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Nuove comunità abitano le aree interne | Sabrina Lucatelli

Testimonianza di Sabrina Lucatelli
per Fondazioni marzo 2024

Sabrina Lucatelli è direttrice dell’Associazione Riabitare l’Italia ed esperta di politiche di sviluppo delle aree a bassa demografia. È componente del Nucleo di valutazione del Dipartimento per la coesione della presidenza del Consiglio dei ministri ed è stata coordinatrice della Strategia nazionale per le aree interne

Abitare in Italia non vuol dire esclusivamente abitare in città: un italiano su cinque vive nelle cosiddette “aree interne”. In questi territori convivono gli abitanti storici, che qui sono nati e non se ne sono mai andati, quelli che vivono “a cavallo” tra città e aree interne, perché qui hanno la seconda casa e vi si trasferiscono solo per alcuni mesi all’anno, e poi ci sono i nuovi abitanti, quelli che si trasferiscono dalle città o dalla costa, complice la possibilità di lavorare da remoto. In queste aree si stanno formando nuove comunità di abitanti, che condividono un modo di vivere specifico, diverso da quello delle città per due ragioni: l’aspetto comunitario del vivere e il rapporto diretto e costante con la natura. È necessario contrastare alcuni stereotipi che caratterizzano la narrazione sulle aree interne, descritte come “borghi incantati”, dove tutto è immobile, o come luoghi inospitali da cui tutti fuggono. Riabitare l’Italia si sta impegnando a diffondere, al contrario, una capacità di leggere le aree interne con uno sguardo diverso, che possa essere funzionale a immaginare nuove opportunità di vita e nuove politiche per questi territori. Senza nasconderne le difficoltà reali, legate soprattutto alla mancanza di infrastrutture (mobilità, scuole, ospedali e diffuse situazioni di dissesto idrogeologico), ma anche al rischio di isolamento e di carenza di opportunità – culturali e di svago – che abbondano in città.

“In queste aree si stanno formando nuove comunità di abitanti, che condividono un modo di vivere specifico, diverso da quello delle città per due ragioni: l’aspetto comunitario del vivere e il rapporto diretto e costante con la natura” 

Dopo dieci anni dalla nascita della Strategia Nazionale per le Aree Interne, abbiamo assistito a una vera e propria “rivoluzione culturale”: tra giovani, mezzi di informazione, università, mondo della ricerca e imprese, oggi, c’è una consapevolezza diffusa di quanto queste aree siano preziose e di quanto necessitino di un’attenzione particolare. Soprattutto, finalmente, è stata sdoganata l’idea che, oltre alle città, possano esistere – con pari dignità e diritti – anche le “comunità rarefatte”. A rimanere indietro è la politica, che non le considera come un’opportunità per tutto il Paese, e dunque non attiva le politiche specifiche che necessitano. Da questo punto di vista, la Strategia Nazionale Aree Interne è stata lasciata senza Regia nazionale e anche il PNRR è stata un’occasione persa, perché si è tradotto in una grandissima quantità di risorse che si sta riversando sui territori, senza una visione organica. Al contrario, poteva essere un’opportunità di riflessione su alcuni temi cruciali per le aree interne, come assicurare le necessarie riforme nel campo della scuola e della sanità. Per abitare nelle aree interne dobbiamo infatti creare le condizioni affinché non spariscano anche alcuni “mestieri locali”, che non possono essere sostituiti dalla tecnologia: dal maestro al medico. Per migliorare la vita di chi vive nelle aree interne, inoltre, è necessario affrontare almeno tre grandi questioni: la casa, la terra, la pubblica amministrazione. Innanzitutto, occorre fare i conti con il paradosso delle tantissime case vuote. Da un lato ci sono le abitazioni abbandonate da chi si è trasferito altrove, dall’altro ci sono i sindaci che hanno difficoltà a reperire abitazioni da mettere a disposizione dei giovani che si vogliono installare. È necessario far incontrare domande e offerta. L’altro grande problema è l’accesso alla terra. La proprietà molto frammentata è un freno per le attività caratteristiche di questi territori, agricoltura e pastorizia. Per fare tutto questo è necessario, infine, rinforzare le amministrazioni pubbliche locali (in particolare gli uffici tecnici), soprattutto in chiave di coprogettazione con il Terzo settore e di partenariato pubblico-privato.

Dalla rivista Fondazioni gennaio – marzo 2024